mercoledì 2 dicembre 2009

Mirco Perini al Consiglio comunale del 15 ottobre 2009

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL “PIANO CASA”

Punto n. 1 all’ordine del Giorno del Consiglio Comunale del 15.10.2009

Lo scorso aprile, dopo settimane di grandi polemiche, veniva raggiunto l’accordo e firmata un’intesa tra Stato, Regioni e gli Enti locali sull’attuazione di misure per il rilancio dell’economia attraverso l’attività edilizia nota come “Piano Casa”.
Quell’accordo è stato la conclusione di un serrato confronto tra Governo, opposizioni parlamentari e Regioni.
L’obiettivo dichiarato del Governo era di stimolare una ripresa economica ancora al di là da venire, puntando ancora una volta sull’attività edilizia, anche se finalizzata ad ampliamenti di edifici esistenti, demolizioni e ricostruzioni con premialità volumetriche, semplificazioni procedurali, ecc...All’amministratore pubblico attento non è difficile rilevare la singolarità del percorso normativo che si è snodato via via dopo l’annuncio del Governo del nuovo Piano Casa sino alla firma dell’Intesa stessa, per poi passare alla predisposizione di uno schema di decreto legge relativo a “Misure urgenti in materia di edilizia, urbanistica ed opere pubbliche” che si è arenato nelle secche delle varie Conferenze e, infine all’emanazione delle varie normative regionali.Come non vedere la singolarità di questa vicenda?Il Governo ha annunciato una misura; poi ha rinunciato di fatto ad adottarla, provando, ma senza riuscirvi, a vararne un’altra di portata molto più ridotta. Infine ha osservato “impotente” il proliferare delle varie leggi regionali, che sulla base di quel semplice dirompente annuncio del Governo, le varie Regioni hanno via via emanato.
Un bellissimo esempio di federalismo….forse sarebbe meglio dire di caos legislativo. Ma vediamo cosa si proponevano Governo, Regioni ed Enti locali con la firma dell’Intesa. Visto che almeno su questo punto c’è stata chiarezza: “individuare misure per contrastare la crisi economica in una materia di legislazione concorrente con le Regioni, quale quella relativa al governo del territorio”, tenendo conto della necessità di contrastare la crisi mediante un riavvio dell’attività edilizia oltre che “rispondere anche ai bisogni abitativi delle famiglie…”.I contenuti dell’Intesa erano sicuramente buoni, ma le soluzioni adottate lasciano perplessi e se saranno pessimi lo vedremo, purtroppo, solo tra alcuni anni.Sicuramente era doveroso contrastare la crisi economica attivando misure di rilancio dell’economia, ma giustamente molti dubbi restano sul fatto che ancora una volta la soluzione proposta sia stata trovata spingendo sull’acceleratore dell’edilizia invece di allentare il Patto di Stabilità e consentire a Comuni e Province la possibilità di effettuare maggiori investimenti, manutenzioni straordinarie agli edifici pubblici, alle strade, ecc…., che sarebbero di immediata ricaduta sulle imprese del territorio.
A questo proposito è utile ricordare che lo stock di nuove abitazioni costruite ogni anno è aumentato, passando da 159mila del 2000 a 287mila di un anno fa (fonte Cresme), un aumento esponenziale che sarebbe stato anche maggiore se nel 2008 non fosse iniziata la crisi. E l’Agenzia del territorio ha confermato questo boom. L’aspetto singolare di questo continuo sviluppo edilizio è che la metà di questo notevole incremento si è verificato nelle regioni del nord. Forse anche noi dobbiamo chiederci: ma chi abita in tutte queste case? Considerato che la popolazione italiana, negli stessi anni non è aumentata in ugual misura.Lo scorso anno, subito dopo l’insediamento del nuovo governo, è stato emanato a giugno il decreto legge n. 112/2008, convertito successivamente nella legge n. 133/2008, il cui articolo 11 era titolato “Piano Casa”.
Un articolato progetto da realizzare con fondi pubblici e privati e al comma 2 specificava che il piano era “rivolto all’incremento del patrimonio immobiliare a uso abitativo attraverso l’offerta di abitazioni di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle immissioni inquinanti, destinate prioritariamente a prima casa per:nuclei familiari a basso reddito;anziani in condizioni sociali ed economiche svantaggiate;studenti fuori sede;immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale e di questi almeno cinque nella stessa regione;ecc…Dopo oltre un anno di quel “Piano Casa” si sono perse le tracce.In compenso è venuto alla luce un nuovo “Piano Casa” ,quello dell’Intesa del 1° aprile dal quale è scomparsa, pur continuando a chiamarsi allo stesso modo, ogni finalità sociale, sono scomparsi i finanziamenti pubblici, ma in compenso si prevedono ampliamenti a chi la casa già ce l’ha.
L’accordo, infatti, prevedeva l’impegno delle Regioni ad approvare, entro 90 giorni, leggi ispirate alla possibilità di procedere a:aumenti del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni-familiari;demolizioni-ricostruzioni con ampliamento di edifici residenziali entri il limite del 35% della volumetriaattuazione di misure volte alla semplificazione e accelerazione delle procedure, per l’attuazione di quanto previsto dall’Intesa Stato-Regioni. Per evitare che l’applicazione di quanto previsto dall’Intesa si trasformasse in una giungla disomogenea di provvedimenti era stato previsto che entro 10 giorni dalla firma il Governo emanasse un decreto legge con l’obiettivo di semplificare le procedure di competenza statale…allo scopo di rendere più efficace l’azione amministrativa di disciplina dell’attività edilizia. Ebbene di tale decreto non si è saputo più nulla e le Regioni hanno fatto da sole. Ne è emersa così una proliferazione di norme che non sarà facile ricondurre ad unità, creando notevoli differenze da Regione a Regione. La situazione della Lombardia è paradossale, essendo incorso da parte dei Comuni l’attuazione dei P.G.T. previsti dalla legge regionale n. 12/2005. In pratica si sovrappongono nuove norme che contrastano con lo sviluppo pianificato del territorio. Impegnando di fatto i Comuni ad adottare delibere che tendono a salvaguardare il lavoro avviato con l’adozione e/o l’approvazione dei P.G.T. e quindi a limitare l’applicazione dell’articolo 6 della legge in questione.Poiché i Comuni vogliono esercitare a pieno la potestà sul loro territorio con i propri PGT, hanno volutamente e opportunamente deliberato una serie di misure restrittive. La scelta dei Comuni non è piaciuta all’Assessore Regionale al Territorio e Urbanistica, che in una dichiarazione pubblicata ieri dal giornale “il sole 24 ore” annuncia già una possibile modifica alla legge medesima.
Un’ultima considerazione riguarda l’obbligo, imposto dall’art. 6 comma 2, ai Comuni: I Comuni dovranno comunicare per via telematica a Regione Lombardia le determinazioni (effettuate entro il 15 ottobre) nonché, durante tutto il periodo di attuazione della legge, gli elementi relativi agli interventi assentiti.E’ questa un’altra oggettiva dimostrazione del centralismo regionale…. Altro che federalismo!Per quanto riguarda noi di “Insieme per Perdengo” condividiamo i contenuti della relazione predisposta dall’architetto F. Simonetti, estensore del Piano di Governo del Territorio, e della relativa delibera, tesi a non stravolgere gli obiettivi programmati prima con il PRG approvato nel maggio del 2005 e riconfermati con il nuovo strumento urbanistico adottato lo scorso 20 aprile ed in intinere per l’approvazione finale.

per i Consiglieri di Insieme per Pedrengo
Mirco Perini

Nessun commento:

Posta un commento